23.2.07

Romana Vis (2/4)

Con il termine Vis, i Romani intendevano esprimere il concetto di forza, intesa come vigore fisico, ma anche come forza d'animo, l'autentica linea di demarcazione tra l'Uomo (il vir) e il semplice essere umano di genere maschile (l'homo). Tutti i vires sono anche homines, ma non il contrario: per passare dalla condizione di homo a quella di vir è necessario meritarselo, sviluppando una solidità d'animo che non tutti hanno la volontà e il carattere per conquistare.

La stessa radice linguistica della parola Vis, ossia quella parte della parola che esprime l'idea generale (in questo caso il concetto di forza globalmente intesa, fisica e morale), in latino si ritrova appunto nel sostantivo Vir (Uomo) ed anche in Virtus. Quest'ultimo termine, prima di andare ad l'indicare la virtù, aveva originariamente il significato di valore, inteso soprattutto come valore militare: l'Uomo (il vir) è colui che si differenzia dagli altri esseri umani di genere maschile (semplici homines) perché detiene una forza fisica e d'animo superiore (la vis), la quale trova manifestazione tangibile nel valore militare (la virtus).

Scrive Orazio nell'epistola a Sceva:
Aut virtus nomen inane est,
aut decus et pretium recte petit experiens vir.
(Epistolae, I, XVII, 41 - 42)

O il valore è parola priva di significato,
o l'uomo che lo persegue a ragione ne chiede decoro e ricompensa.

In questo passo, Orazio usa il termine vir, e non homo, per designare l'uomo che nel corso della propria esistenza cerca di perseguire la virtus, il valore. Ma il valore di cui qui parla Orazio non è quello militare: egli, infatti, sta scrivendo all'amico Sceva per dargli dei suggerimenti su come rapportarsi con gli amici potenti. Il valore a cui si riferisce il poeta è, pertanto, di tipo morale.

Questo breve passo di Orazio mostra bene come il concetto di Vis, e di tutto ciò che ad esso è correlato (vir, virtus), andasse per i Romani ben oltre la semplicistica idea di esercizio della forza bruta. Ma tale concezione della Forza non era propria della sola civiltà di Roma. Anche per i Greci, ad esempio, esisteva una differenza tra il semplice essere umano di genere maschile (ànthropos) e l'Uomo (anèr) , il quale si distingueva dagli altri uomini (anthròpoi) per il suo valore (andreìa), che esprimeva soprattutto sul campo di battaglia.
Anche in greco, i termini che indicavano l'Uomo (anér) e il valore (andreìa) presentano la medesima radice linguistica, derivano cioè dallo stesso concetto: a dimostrazione che, per i Greci come per i Romani, i due concetti di Uomo e di valore erano legati in maniera indissolubile, in quanto espressioni di una stessa natura.